Alla luce della Democrazia : Incontro con Agnese Moro



Oggi noi della 5 B TUR abbiamo avuto l'onore, insieme ad altri studenti di diverse scuole superiori liguri, di incontrare nell'aula magna del Liceo Cassini di Genova, Agnese Moro per far vivere la memoria del padre, Aldo Moro, presidente della Democrazia Cristiana, rapito e ucciso dalle Brigate Rosse, non solo dal punto di vista dell'uomo politico, ma anche da quello del padre e del marito affettuoso e presente. Tutto ciò nell'ambito dell'importanza dell'educazione civica (per altro fortemente voluta come prezioso insegnamento dallo stesso Moro quando era Ministro dell'Istruzione) che faceva da cornice all'evento, intitolato - non a caso - Alla luce della Democrazia : Incontro con Agnese Moro.

La nostra preparazione all'incontro è avvenuta nell'ambito di alcune lezioni di storia ed educazione civica, che ci hanno illustrato il periodo della strategia della tensione, la situazione italiana ed internazionale degli anni '70 del secolo scorso, in cosa consisteva il cosiddetto "compromesso storico" con le figure di Enrico Berlinguer e soprattutto quella di Aldo Moro (abbiamo visto oggi una foto che li ritraeva stanchi e concentrati nel corso delle loro trattative), con il rapimento ed uccisione di quest'ultimo ad opera delle Brigate Rosse, dopo che venne scelta la "linea dura" da parte dello stato che non volle trattare con le BR.

Il racconto della signora Moro si è sviluppato intorno alle fotografie personali dello statista, che venivano da lei mostrate e commentate, facendoci vedere la vita semplice e complessa di uno dei protagonisti della nostra storia recente. 

La politica arrivò ad un certo punto della vita di questo giovane brillante, insegnante prima alle superiori e poi docente di diritto all'università a soli 25 anni: era uno straordinario uomo di cultura, aveva un suo posto utile nel mondo. Aveva 29 anni quando il Vescovo di Bari gli propose di candidarsi all’Assemblea Costituente del 1946: ebbe dunque l’onore di essere uno fra i padri di quello che oggi è il testo giuridico primario per eccellenza: la Costituzione. Un testo che mette al centro di tutto le persone, persone che hanno diritto a una loro inviolabilità, alla loro dignità, una costituzione che si dissociava dalle ideologie fasciste (che avevano calpestato le persone) proclamando proprio il diritto assoluto alla dignità umana, indipendentemente dal fatto che gli altri siano d’accordo con noi, che abbiano le nostre idee, il nostro colore della pelle, e così via. La politica per lui era giustizia, libertà, dignità umana, liberazione ed uguaglianza, in quanto tutti hanno diritto di partecipare alla vita politica, senza discriminazioni dal punto di vista sociale, economico, politico. Andare a votare era una festa, l'essenza della democrazia, la fine di un regime opprimente. Un'altra cosa importante, per lui che andava nelle carceri a visitare i detenuti, era che la pena non doveva essere una vendetta né un giudizio definitivo, bensì una via per riportare nella società coloro che si erano discostati dalla giustizia, perché ogni individuo è prezioso. 

Aldo Moro aveva forte il senso della rappresentanza, del dovere nei riguardi degli italiani. Addirittura quando andava alla spiaggia con la moglie e i bambini, stava in giacca e cravatta perché gli italiani, diceva, avevano diritto a essere rappresentati nella massima dignità! Fu la moglie a risolvere la situazione, imparando a guidare un piccolo motoscafo che gli permetteva di farsi un bagno coi figli al largo, lontano da occhi indiscreti. Nonostante i numerosi impegni istituzionali che lo portavano distante da casa, ciò che ha saputo comunicare è più importante del tempo che la politica gli lasciava per stare in famiglia. Ha saputo guidare i suoi figli con il suo esempio (fede, morale, rispetto, cortesia, lavoro) e con la sua dolcezza. Uno dei ricordi più dolci che la signora Moro ci ha raccontato è questo: da piccola Agnese temeva che ci fossero mostri nella sua stanza. Allora ogni notte, prima di dormire, il papà esplorava con lei la cameretta per mostrarle che mostri non ce n’erano. Poi lui le stringeva la mano e aspettava che si addormentasse. Se poi di notte si svegliava, era lui, e non la mamma, a portarle un bicchiere d'acqua! 

La signora Moro ha avuto parole di gratitudine e di affetto anche per gli uomini della scorta di suo padre (appaiono in alcune foto dove l'onorevole incontra la folla), che erano diventati quasi di famiglia e che furono uccisi dalle BR il giorno del rapimento dell'on. Moro. Una delle foto più dolci che abbiamo visto rappresentava Agnese addormentata sulla spalla ("ossuta" l'ha definita lei) di suo papà: ebbene, fu proprio uno degli uomini della scorta a scattarla.

Agnese Moro ci ha fatto capire come suo padre credesse che il senso della politica non fosse quella di avere potere, di dominare, di conquistare, ma che dovesse essere "cura del mondo": ognuno facendo la sua parte, dialogando con tutti, avversari compresi, ascoltando le ragioni di tutti. Forse oggi negli adulti domina il disincanto verso la politica, quindi spetta a noi ragazzi continuare a credere nell'impegno politico.

Noi avevamo preparato due domande: 

1) In questi giorni è arrivata la notizia della morte di Kissinger e si è parlato nuovamente del ruolo che l’allora segretario di stato statunitense avrebbe avuto nella gestione dell’ “affare Moro”. Ricordiamo che il compromesso storico fortemente voluto dal presidente della DC Moro e da quello del PCI Berlinguer era sgradito agli USA. Lei pensa che davvero ci sia stato un coinvolgimento dei poteri forti internazionali in questa tragica vicenda?

2) Si parla spesso del perdono. Alle famiglie delle vittime spesso viene chiesto se hanno perdonato gli assassini dei loro cari. Vorremmo sapere se lei e la sua famiglia siete riusciti a perdonare chi ha tolto materialmente la vita di suo padre, e coloro che decisero di non trattare con i brigatisti per seguire la cosiddetta “linea dura”. 

Alla fine, siamo riusciti a fare solo la seconda domanda, quella del perdono, che però ha ricevuto una delle risposte più interessanti e significative dell'incontro: il senso della giustizia riparativa. 

Ecco alcune delle domande dei tanti ragazzi presenti:

Suo padre è stato un grande esponente politico. Che cosa rappresenta per lui la politica e cosa rappresenta per lei oggi?

“Una volta ho letto che ‘la politica è la cura del mondo’, credo che sia esattamente questo che lui vedeva. Prendersi cura del mondo, delle persone, prendersi cura. Per me è un grande problema la politica, perché la mia generazione ha creduto tantissimo nella politica, ha pagato anche un prezzo al modo con cui ha creduto nella politica. Una generazione che poi è rimasta delusa dalla politica forse perché c’erano tante speranza. Non siamo stati capaci a capire che c’era una speranza di un mondo buono nella generazione prima di noi, abbiamo pensato che la nostra fosse diversa dalla loro e non abbiamo visto, nella politica che ci veniva proposta, lo spazio dove quelle cose potessero diventare vere. Per me è un cruccio la politica. Come generazione abbiamo fatto tantissime cose: tutto quello che oggi noi chiamiamo "società civile" viene dal nostro lavoro, però la politica noi l’abbiamo abbandonata e oggi ci lamentiamo di non avere persone che siano all’altezza. Voi potreste non fare lo stesso errore e interessarvi della politica raccogliendo queste speranze perché credo sempre che la politica sia la cura del mondo”.

Come ha vissuto il periodo del rapimento di suo padre anche in relazione alla linea della fermezza che lo Stato ha deciso di mantenere?

“È stata una linea molto strana perché contraddice quelle che sono le basi della nostra Costituzione. La motivazione per cui si disse che non era possibile trattare per la vita di papà era che questo avrebbe offeso la dignità dello Stato: siamo tornati esattamente nel mondo precedente alla nostra Costituzione, dove lo Stato è tutto e le persone non sono niente mentre nel mondo della nostra Costituzione ogni persona è preziosa e quindi noi lottiamo per la vita di ogni persona”.

Si parla spesso di perdono, ai familiari delle vittime spesso si chiede se hanno perdonato gli assassini dei loro cari, lei e la sua famiglia siete riusciti in questo?

“La parola perdono la trovo molto scivolosa, difficile. Presuppone che ci sia qualcuno buono che perdona qualcuno cattivo. Per quanto abbia letto centinaia di pagine sul perdono, sinceramente non saprei rispondere. Parlo solo per me stessa, ho fatto un lungo percorso di giustizia riparativa nel quale si incontravano persone che erano state vittime della lotta armata e persone che la lotta armata l’avevano fatta tra cui alcuni protagonisti importanti del caso di mio padre. È stato un lavoro molto difficile ma molto utile, che ti fa sostituire ai fantasmi che abbiamo nella testa delle persone in carne e ossa. Persone che hanno fatto cose terribili, irreparabili. Queste persone non so se le ho perdonate, quello che posso dire è che sono persone che amo profondamente perché hanno avuto la generosità, dopo essersi fatti decine di anni di galera, di rimettersi in gioco e venire in un posto dove hanno dovuto incontrare me e altri come me. È un atto di grandissima generosità. Non mi devono nulla: sono stati condannati e hanno scontato le loro pene, eppure sono venute lì. Nel dialogo che si crea qualcosa di loro rimane in noi e viceversa. Sono 14 anni che ormai viviamo con questo nuovo modo di guardarci. Credo sia molto ingiusto mettere un microfono sotto la bocca di qualcuno che ha appena perso in maniera tragica qualcuno e chiedergli se ha perdonato l’assassino. Nessuno ha il diritto di fare questa domanda”.

Vivere il tempo con tutte le sue difficoltà è una delle lezioni di Aldo Moro, forse oggi più che mai da attuare, soprattutto da parte di noi giovani, ma come possiamo ritrovare quel coraggio, quella fiducia necessari?

“Voi giovani avete una ricchezza interiore, una capacità di guardare alle cose, una vicinanza gli uni con gli altri bellissima. Forse dovete riuscire a guardarvi. Una delle cose brutte che noi vi facciamo è che non vi ascoltiamo mai, non c’è alcun posto in cui vi possiamo ascoltare. Forse la scuola potrebbe essere uno di quei luoghi di ascolto. Non so come si possa rompere questa nostra difficoltà, io desidererei tanto un luogo dove potervi ascoltare per ore”.

Qual è il più importante insegnamento che le ha trasmesso suo padre?

“Mio padre è pieno di insegnamenti silenziosi perché lui ti teneva vicino ma è difficile ricordare una predica sua. Quello che mi piace tanto di lui è la sua capacità di sentirsi vicino alle persone, di vederle, di provare tenerezza, di non vergognarsi dei sentimenti. Non gli ho mai sentito dire qualcosa di irrispettoso verso qualcuno, questo per me è un grandissimo insegnamento”.

Che cosa vorrebbe trasmettere alla nostra generazione riguardo alla memoria di suo padre e alla lotta per la giustizia?

“Mi piacerebbe che voi aveste idea che prima di voi ci sono state delle cose buone, c’è stato uno sforzo buono per fare di questo paese un paese bello. A volte ho l’impressione che voi abbiate l’idea di essere cresciuti sul nulla, cioè che dietro non c’è niente di buono. No, questo è un paese in cui tante persone hanno fatto tanto”.

Lei ritiene che questa vicenda abbia cambiato la vita politica del nostro paese? Se sì, in che modo?

“Sì, più che la vita politica ha cambiato la cultura politica. Il fatto che si sia accettato di sacrificare una persona a questa entità astratta che è lo Stato, un po’ è rimasta perché noi siamo diventi delle persone che guardano la storia di questa Repubblica, anziché essere i protagonisti. Negare di trattare significa anche dire che la politica non serve a niente, le parole non servono a niente, quando c’è un problema serio devono entrare in gioco altre cose e questo è rimasto nella nostra politica, soprattutto nella nostra politica estera che ha depotenziato l’aspetto della diplomazia. La diplomazia è fatta di parole, la politica è fatta di parole, di dialogo, di scambio di idee. Appena si dice che le parole non servono si nega qualsiasi importanza della politica”.

Ringraziamo l'Ufficio Scolastico Regionale della Liguria che ci ha permesso di vivere questa esperienza emozionante, ma soprattutto il nostro ringraziamento di cuore va ad Agnese Moro, una persona splendida che ha messo il suo dolore per la perdita di un padre speciale come il suo, al servizio della nostra crescita di cittadini consapevoli.

Qui di seguito la registrazione dell'incontro odierno:


La redazione della 5 B Tur

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