Quello che mi ha lasciato la scuola

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

Cari studenti, 

avrei voluto scrivervi questa lettera per l’inizio della scuola, come un augurio personale in vista di quest’anno scolastico, per alcuni il primo, per altri solo uno dei tanti e per altri ancora l’ultimo. Pensavo che il giornalino scolastico avesse chiuso i battenti. Invece no e, infatti, eccomi qua: questa lettera è per voi. 

Il mio percorso scolastico è cominciato un settembre di qualche anno fa, quando – come voi – sono entrata per la prima volta nella scuola elementare. Però, tranquilli, non sono qui per raccontarvi per intero la mia poco entusiasmante carriera scolastica, d’altronde, sono pur sempre andata a scuola per tredici anni. Sono qui per lasciarvi qualcosa: ciò che la scuola ha lasciato a me. 

A scuola ho imparato che il coefficiente angolare di può far “ridere” o “piangere” una parabola, che una giraffa dal collo più lungo è in grado di raggiungere le foglie più succulente e che il “cantuccio” non è solo un biscotto. Forse è vero: non tutto quello che si studia a scuola servirà a qualcosa di concreto. Forse, sapere com’era suddivisa la società di fine ‘800 o che 1 coulomb corrisponde a un determinato numero di elettroni, a nulla servirà al fine della vostra vita. Anzi, probabilmente saranno nozioni che verranno dimenticate subito dopo aver finito la verifica o l’interrogazione. Tuttavia, niente di ciò che si impara a scuola è inutile

Sembra una contraddizione, un’antitesi. Eppure, è così, perché ciò che rimane, quel che vi resta di questi anni, entrerà a far parte del vostro bagaglio culturale, e di voi. Perché siamo fatti di tutto ciò che abbiamo incontrato. Credo fermamente che ogni minima cosa ci influenzi, che anche lo sconosciuto che incontriamo per strada possa cambiare il nostro modo di vedere il mondo. E la scuola mi ha dimostrato che si può trarre insegnamento da qualunque cosa. 

Per cui, il mio consiglio per voi da ex studentessa, è di affrontare la scuola in modo attivo, di viverla! E se anche non vi interessa quella lezione, quell’argomento o quella materia, cercate di non subirla. Concentratevi piuttosto sul modo in cui vi viene spiegata: concentratevi sulle parole, sui gesti dell’insegnante, sul modo in cui è strutturata la pagina del libro, il file o il contenuto interattivo su cui state lavorando. Chiedetevi perché, fate domande. Non mettete da parte la curiosità e non date mai nulla per scontato. Non forzatevi a farvi piacere qualcosa. Però non buttate via questi anni, che magari non saranno per tutti i più belli (c’è tanta bellezza nel mondo, che non può essere per forza rinchiusa fra quattro mura), ma lasciatevi coinvolgere, lasciatevi trasportare: raccogliete quanto viene seminato.

Molti studenti si preoccupano troppo dei voti, e pure io ero così: studiavo esclusivamente per dimostrare qualcosa agli altri, come se quel semplice numero potesse sussurrarmi all’orecchio quanto fossi stata brava. Purtroppo, però, i numeri non parlano e di questo me ne sono resa conto piuttosto tardi. Ma a scuola ho anche imparato che la vita non è una gara, che non vince chi arriva primo e che non esiste una data di scadenza per imparare

Qualche tempo fa ho visto un TikTok e vorrei riportarvi quanto condivideva, perché penso sia il messaggio che ogni studente dovrebbe ricevere: 

"È soltanto un voto. Non certifica la tua intelligenza. Non è esplicativo della tua persona. È un numero, modificato e modificabile da mille variabili. I professori sono persone, come te, non macchine, e ognuno ha una valutazione personale, la cui unica cosa che definisce è il suo criterio, non te, non la tua capacità.

Siamo persone sfaccettate, è impossibile ridurci a un numero. Esso non potrà mai rappresentare un percorso.

Le tue esperienze e come le hai affrontate sono ciò che ti definisce. Non un voto, non un numero. Lì fuori, dovrai far valere quelle che sono le tue caratteristiche, le tue potenzialità, non un punteggio che nessuno guarderà. È soltanto un voto.”


Dalla scuola ho imparato a salire sulla cattedra e vedere le cose da un’altra prospettiva.

Sono salito sulla cattedra per ricordare a me stesso che dobbiamo sempre guardare le cose da angolazioni diverse. E il mondo appare diverso da quassù. Non vi ho convinti? Venite a veder voi stessi. Coraggio! È proprio quando credete di sapere qualcosa che dovete guardarla da un’altra prospettiva.”

(L’attimo fuggente, 1989)

Ho imparato che non si può sapere tutto. Però, ho imparato a scovare un quadrato bianco su un fondo bianco e vi auguro di riuscirci anche voi un giorno.

Il 29 giugno del 2023 ho terminato il liceo: ho sostenuto il colloquio di maturità – questo enorme mostro che molti prima di voi hanno già affrontato e che, anche voi, un giorno sfiderete –, sono uscita dall’aula e ho chiuso la porta alle mie spalle.

Tuttavia, credo che la scuola non finisca con un esame e, come disse Einstein, “Quando si chiude una porta, si può aprire di nuovo, perché di solito è così che funzionano le porte.”

Infine, come augurio per chi di voi è all’ultimo anno, vorrei lasciarvi un ultimo mio pensiero:

Thomas teorizzò “se gli uomini definiscono reali certe situazioni, esse saranno reali nelle loro conseguenze”.

Credete che andrà bene ed ANDRÀ BENE.

Per la legge dei grandi numeri, più cose sai e maggiore è la probabilità che ti venga chiesto qualcosa che non sai. Però se c’è una cosa che ho imparato quest’anno è che, pure per la “legge dei grandi numeri”, i numeri sono solo numeri.

A tutti i maturandi auguro questa consapevolezza: prendete questo esame come una sfida personale. E, quando entrerete in classe per l’ultima volta, godetevela: respirate, sorridete e ricordate cosa diceva Tommy.”

Alessia Bertacchini*

*Alessia è un'ex alunna della V A LES, diplomata quest'anno col massimo dei voti, e storica redattrice del nostro Giornalino. Grazie per tutto, Alessia: è stato bello vederti crescere 💖

la Direttora

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