LA VALIGIA DI DORA - reportage dell'incontro con Gilberto Salmoni

 

“Abbiamo bisogno della storia non perché ci dica cosa è successo o per spiegare il passato, ma per far vivere il passato così che possa spiegarci come rendere possibile il futuro.”  

(Allan David Bloom)

Nonostante tutti i dibattiti della scienza sui viaggi nel tempo, esiste un modo molto semplice per poter fare un tuffo nel passato: il trampolino di lancio è stata la sala al quarto piano della Biblioteca Berio di Genova, Gilberto Salmoni la navicella spaziotemporale, “La valigia di Dora” la denominazione del viaggio, il 23/01/2023 la data di partenza.

In questa giornata, noi redattrici del Giornalino, Alessia Bertacchini e Ilaria Fameli (studentesse della 5ªA Les), assieme ad una piccola rappresentanza delle altre classi del nostro Istituto, abbiamo partecipato all’incontro con Gilberto Salmoni, ex deportato e sopravvissuto al lager di Buchenwald, nei pressi di Weimar.
Presenti all’incontro anche il direttore dell’Ufficio Scolastico Regionale, dott. Clavarino, il Presidente dell’Istituto Ligure per la Storia della Resistenza dell’Età Contemporanea  (ILSREC), Giacomo Ronzitti, e la Presidente dell’Associazione Nazionale Ex Deportati (ANED), Miriam Kraus.

Il nostro viaggio è iniziato con l’intervento del Presidente Ronzitti, che ha presentato il libro scritto in occasione dell’anniversario degli ottant’anni dall’emanazione delle leggi razziali, “80°dell’emanazione delle leggi razziali. Testimonianza, saggi, riflessioni.”, Storia memoria 2019. Il saggio, pubblicato nel 2018 a cura della sua associazione, riporta alcune testimonianze della vita nei lager (tra cui quelle di Gilberto Salmoni e Liliana Segre) e le riflessioni di due studentesse europee (soprannominate “studentesse Erasmus”), condividendole con tutti gli studenti europei.

In seguito, il dottor Ronzitti ha dato la parola al Direttore Alessandro Clavarino, il quale ha voluto sottolineare la consapevolezza cittadina che la nostra presenza rappresentava: ha parlato delle scelte che i giovani studenti dovrebbero fare per il futuro dell’Europa e dei suoi valori, come l’inclusività, che potrà essere approfondita da noi studenti grazie anche a questo momento d’incontro con un testimone speciale, che ci può consegnare un messaggio formativo per il nostro percorso scolastico e di vita. Ci ha raccontato poi un aneddoto divertente riguardante la figlia Marina: nel 2018, quando la senatrice a vita Liliana Segre aveva tenuto un incontro a Genova presso il teatro Carlo Felice, la ragazza aveva marinato scuola per poter partecipare a quell’incontro ed egli ci ha riportato la “soddisfazione” con cui le aveva firmato la giustificazione. Dopodiché, ha concluso il suo intervento con questa frase: “In questi giorni non dobbiamo solo ricordare i temi della memoria, ma dobbiamo riprenderli e portarli dentro sempre”.

Infine ha preso la parola la Presidente Miriam Kraus, spiegando il senso della memoria come un progetto, la cui ricerca ha un valore che non riguarda solo il passato ma soprattutto il presente. Per approfondire tale tema, ha poi citato un libro di Georges Perec, “Vita, istruzioni per l’uso”, affermando di aver pensato molto a questo libro dopo aver ascoltato la storia della valigia di Dora. Di cosa tratta questo libro, estremamente complesso, salutato da Italo Calvino come un capolavoro assoluto? Vi si raccontano innumerevoli storie non solo dei personaggi principali ma anche di quelli secondari, delle comparse, di personaggi storici, veri o fittizi ecc. E se non sono storie, a essere raccontate sono le immagini: quadri, incisioni, fotografie, persino volantini pubblicitari. E se non sono immagini, ecco  poi interminabili elenchi di qualsiasi natura, cataloghi di oggetti, anche i più insignificanti. Perchè nulla poteva essere escluso? Perchè sarebbe stato come ignorare il pezzo di un puzzle, ritenendolo superfluo. Invece, solo i pezzi ricomposti in un unicum acquistano un senso.

Il ritrovamento della valigia di Dora (nel 2017 Gilberto Salmoni, ex presidente di Aned, ha ritrovato la valigia della sorella Dora, scomparsa nel 1944 ad Auschwitz) ha spezzato la linea del tempo per le persone travolte dalla storia: fa rendere conto a noi giovani di ciò che è accaduto. Ma non è solo la valigia a farci aprire gli occhi, anche l’archivio Ringelblum, dove venne documenta la vita del ghetto di Varsavia tra il 1940 e il 1943 dopo l’occupazione dei soldati nazisti. Attualmente l’archivio è patrimonio dell’Unesco e all’interno di esso sono presenti anche testimonianze, foto, pezzi di carta di caramelle, e mille altri frammenti del puzzle che ricompone la tragedia della Shoah: tutte fermate che ci riportano al passato.

A questo punto è intervenuto Gilberto Salmoni, che ha introdotto, con coinvolgente semplicità, la sua storia.

Gilberto, nato a Genova, faceva parte di un’agiata e colta famiglia ebraica mista, ma laica, e aveva due fratelli maggiori, Renato e Dora. La vita di Gilberto scorreva tranquilla: studiava all'Andrea D’Oria e si impegnava nello studio delle lingue, come il francese (in particolare modo) e il tedesco (un po’ più svogliatamente). Il padre era un impiegato statale. Poi, nel '38, con l'emanazione delle leggi razziali in Italia, ispirate alle famigerate leggi di Norimberga, a seguito dello sciagurato avvicinamento di Mussolini a Hitler, il signor Salmoni venne licenziato e Gilberto fu costretto a lasciare la scuola, nonostante la conversione alla religione cattolica e il battesimo ricevuto. Inizialmente questo fu per la famiglia solo un cambiamento di natura economica, poiché rimanevano meno soldi per vivere. Ma dopo il '43 con l’Italia spaccata tra Repubblica di Salò, rimasta fedele all'alleato tedesco, e il re con Badoglio passati a una situazione di cobelligeranza con gli Angloamericani, i soldati tedeschi furono inviati a saccheggiare gli appartamenti e a fare rastrellamenti di persone di "razza ebraica", per arrestarle e deportarle nei campi di sterminio. 

A differenza di altri parenti, i Salmoni non scelsero l’emigrazione e si decisero alla fuga solo nel ‘44. Gilberto e la sua famiglia, infatti, inizialmente si erano rifugiati a casa di amici sulla riviera ligure per un po’ di tempo. Poi la situazione era peggiorata e fu consigliato loro di spostarsi in Svizzera  Il 17 aprile, a Bormio, forse per una spiata, furono sorpresi dalla milizia della Repubblica Sociale di Salò (i "Repubblichini" rimasti fedeli a Mussolini), che li consegnò alle SS. Detenuti a Bormio, Tirano, Como e San Vittore, furono poi trasferiti nel campo di Fossoli, dove Dora, durante un bombardamento alleato, venne ferita gravemente. All'evacuazione del campo di Fossoli, nel luglio ‘44, i Salmoni furono caricati su un treno fino a Verona, dove la famiglia trascorse l’ultima notte assieme, poi vennero divisi: il padre e Dora, inabili al lavoro, ad Auschwitz; la madre, cattolica, avrebbe dovuto andare a Ravensbrück, ma chiese di condividere la sorte del marito e della figlia. Una volta ad Auschwitz, essi morirono nelle docce a gas, poco dopo il loro arrivo.

Renato e Gilberto (che ha solo 16 anni) furono invece deportati a Buchenwald. Al loro arrivo al campo di concentramento, alle 4 del mattino, gli fu imposto di spogliarsi e di entrare nelle docce (questa volta delle semplici docce, perché in quel campo non erano presenti le docce a gas) dove si lavarono, furono rasati a zero, gli furono dati dei vestiti leggeri con cui coprirsi e dei numeri con cui venivano identificati. Questi erano distanti fra loro, in quanto venivano riciclati. A Gilberto e Renato viene assegnata la stella gialla degli ebrei e il triangolo rosso dei politici.

La giornata dei deportati iniziava alle 4:00 del mattino, facevano colazione con un pezzo di pane, margarina e marmellata e un po’ di caffè. Il pranzo consisteva ancora in un po’ di caffè e, come cena, era servita una zuppa. I detenuti erano fatti lavorare per ricostruire le fabbriche tedesche distrutte dai bombardamenti: trasportavano mattoni, producevano la calce, ecc. Essi però cercavano di limitare come potevano il lavoro, per sopravvivere agli sforzi e al freddo, questo anche grazie al fatto che le guardie diminuivano di giorno in giorno, poiché venivano chiamate al fronte. Gilberto riescì a sopravvivere solo grazie all’intervento del fratello maggiore, entrato subito nel Comitato clandestino di Liberazione Internazionale, che lo fece spostare in sartoria. Due mesi dopo, fu portato in cucina a scaricare il cibo.
Quando il 13 aprile ‘45 gli alleati, guidati dal generale Patton, giunsero a Buchenwald, il campo era già stato liberato dal Comitato di Liberazione.
I due fratelli riuscirono a trovare un passaggio fino a Monaco, e lì vennero a sapere della morte del resto della famiglia; tornati a Genova in treno, trovarono la casa di famiglia abitata da altri. Nei mesi successivi, Gilberto si concentrò sugli studi per recuperare i due anni persi e per non pensare alle cose orribili che in quel lasso di tempo aveva visto e vissuto..

Entrando nel vivo dell’incontro, Gilberto ha introdotto la storia della valigia di Dora: durante la fuga verso la Svizzera, accompagnati da due guide tra i boschi delle montagne della Valtellina, i Salmoni si erano fermati a Bormio, e a ospitarli per la cena fu una famiglia, che aveva una figlia, Lina, all’epoca diciassettenne, cui Dora, sposata da poco e in attesa di un bambino, lasciò la propria valigia, che conteneva soprattutto corredini per il suo bambino (che però non venne mai alla luce), immaginando che probabilmente non le sarebbe più servita. Del suo tragico destino già abbiamo detto. Della sua valigia non si seppe più nulla, finché nel 2017, per tutta una serie di coincidenze, Lina, ormai anziana, riescì a mettersi in contatto con Gilberto e a restituirgli la valigia con il suo contenuto, dopo averla custodita con cura e rispetto durante tutti quegli anni. 

“Il valore delle parole sta in cosa questa valigia può raccontare: dentro essa c’è sia sofferenza che speranza” ha spiegato Salmoni.

“Perché lei ha deciso di dare in custodia la valigia anziché tenerla per lei e la sua famiglia?” gli è stato domandato.

La sua risposta: “Non ho deciso, mi è stato chiesto. A casa mia avrebbe perso il suo significato poiché io non l’avrei più adoperata come valigia, era diventata un pezzo di ricordo da tenere da parte e quindi preferivo consegnarla a un luogo in cui ci potesse essere un certo numero di visitatori interessati alla valigia, in modo che la collettività potesse farla propria.”

“Com’è stato ricominciare, dopo quello che ci ha raccontato? Come ha fatto a rientrare nella vita di tutti i giorni? Cosa le ha dato la forza di andare avanti?”

“È stato difficile, in particolare rientrare in due nella casa che prima ospitava cinque persone. Però poi si rivedono degli amici, si riesce a parlare con qualcuno. Io avevo da studiare per recuperare gli anni perduti. Ci è voluto un po’, adesso lo faccio senza sofferenza. Ciò che mi ha dato la forza di andare avanti è stata l’idea di libertà: la possibilità di riavere quel concetto di “vita normale”, che c’era stato negato."

“Nel momento in cui stava andando in Svizzera e lo hanno trovato che cosa ha provato appena è stato scoperto? Sapeva a che cosa andava incontro? “

“Ho pensato al peggio, la sistemazione nel campo stava andando molto male. Durante la prigionia ci sono stati dei momenti terribili. Gli interrogatori che ci hanno fatto a San Vittore erano stati molto pesanti, non sapevi cosa ti stavano per chiedere. A Milano Lambrate, una notte, c’era stato un bombardamento e noi siamo stati chiamati per andare a mettere in ordine e trovare la bomba. Eppure era in qualche modo un momento di sollievo, si cambiava la routine della giornata del carcere.”

“Ci sono mai stati casi di suicidi?”

“Probabilmente sì, ma io non ho mai saputo direttamente se qualcuno che io conoscessi si fosse ammazzato.“

Infine volevamo riportare una riflessione esposta dalla professoressa Alessandra Tirelli durante l’incontro:

“Ricordo le parole di Liliana Segre, quando alla conferenza del 2018 a Genova, si è rivolta ai giovani dicendo loro ‘Voi siete speranza’. Penso che questi anni di pandemia e guerre abbiano preso a schiaffi i giovani, facendogli perdere quella luce di speranza di cui parlava la Segre. E allora, oggi, partecipare a questo incontro, è stato importantissimo per loro. Oggi la speranza viene da voi adulti 96enni: la situazione si è ribaltata, i giovani hanno bisogno di voi. La valigia rappresenta una speranza per tutti.”

Alessia Bertacchini, Ilaria Fameli

 

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