8 marzo 2021, Festa delle donne: diamo i numeri?

La libertà e l'autonomia delle donne passano sempre da un necessario requisito: avere un lavoro. Eppure, a un anno dall'inizio della pandemia, emerge un quadro preoccupante. Lo dice un’indagine svolta da Ipsos per We World, organizzazione attiva nella difesa dei diritti in 27 Paesi, fra cui l’Italia.

Noi abbiamo consultato i dati emersi da questa indagine e la situazione del mondo femminile del lavoro è a dir poco drammatica. Ma lasciamo parlare i numeri, che sono ben più efficaci delle parole, tante volte. 

Dunque: una donna su due ha visto peggiorare la propria situazione economica nel corso del 2020. Per il 16% delle intervistate le entrate sono diminuite circa del 20%, per il 21% fra il 20 e il 50%, per il 17% sono scese di oltre il 50%. 

Questo porta a una maggiore dipendenza nei confronti della famiglia o del partner, soprattutto nel caso delle non occupate con figli: il 51% di loro dice di dover richiedere aiuto in misura maggiore rispetto al passato. 

Fra quelle che invece hanno ancora un lavoro, il 50% ha paura di perderlo. Se sono giovani, il numero cresce e raggiunge il 55%. Le altre in alcuni casi rinunciano a cercare un lavoro, anche se madri, questo perché spesso impegnate nella cura di persone care. Se gli anziani della famiglia stanno male, in Italia è quasi sempre la donna ad occuparsene. Se prima del Covid ognuna svolgeva in media cinque ore al giorno nell’attività di cura non retribuita (mentre un uomo meno di due...), con la pandemia – dice l’Istat – le donne hanno avuto un incremento di 15 ore a settimana. Tre al giorno in più se contiamo cinque giorni lavorativi: sommate a quelle già presenti sono in totale otto ore! Dunque il motivo principale per il quale le donne se ne vanno dal lavoro o smettono di cercarlo è questo: non ce la fanno! 

Inoltre, di solito nella coppia, quando c'è in un momento come questo, in cui è necessario avere un genitore a casa per seguire i figli (basti pensare alla DaD), rimane a casa il coniuge che ha un lavoro più instabile o con un salario più basso. Indovinate un po' chi è? La donna!

Secondo i dati Ipsos, le donne che si occupano di familiari non autonomi (bambini o anziani) sono circa il 38%. La quota sale al 47% nella fascia di età fra i 25-34 anni (si fanno carico dei figli) e nella fascia 45 – 54 (genitori, parenti più vecchi).

Allora, alla luce di questi numeri, possiamo dire che per sostenere le donne e aiutarle a rimanere al lavoro, bisogna, prima di tutto, che lo stato aiuti le famiglie. E non sarebbe un aiuto a fondo perduto, perché se entrambi i genitori lavorano e hanno uno stipendio, nelle casse dello Stato entra il doppio del gettito fiscale! E con i soldi delle tasse lo Stato può offrire sempre maggiori servizi alle famiglie stesse (assistenza ai vecchi, ai malati, asili per i bimbi, ecc.).

Insomma, il modo per rendere meno dura la vita delle donne (al netto di altri gravissimi problemi, su tutti la violenza in famiglia e il femminicidio) si deve trovare, magari proprio partendo dalla riflessione su questi numeri che vi abbiamo presentato.

Buon 8 marzo a tutte!

La Redazione

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