LE INTERVISTE DEL GIORNALINO - La IV A LES incontra la nuova Dirigente Giuseppina Randazzo


Riprendono le interviste del Giornalino, dopo che - per i noti motivi - abbiamo dovuto interrompere i nostri incontri in esterna.

Pubblichiamo oggi l'intervista alla nostra nuova Dirigente Scolastica, Giuseppina Randazzo, che abbiamo realizzato qualche settimana fa, quando ancora eravamo in presenza. 
Oltre alla trascrizione completa dell'intervista, vi presentiamo il video dei momenti salienti dell'incontro. 

Ringraziamo la nostra Preside per la sua gentilezza e disponibilità e la prof.ssa Gallino per il montaggio della sintesi delle nostre riprese.

La Redazione della IV A LES




TRASCRIZIONE INTEGRALE (le domande sono in rosso. Noi come sempre ci eravamo divisi in gruppi per preparare la documentazione necessaria per l'intervista. Quel giorno alcuni di noi erano a casa, ma abbiamo scelto dei portavoce per porre le domande che ogni gruppo aveva preparato) 

1)    De Rosa Narducci Saba Sturla

Leggendo con attenzione la sua storia, da lei posta come prima circolare in bacheca quest’anno, si evince un enorme passione per quello che ha fatto, fino agli anni passati, quindi l’insegnante, e anche però un immenso entusiasmo per l’avvenire. Quanto è stato difficile lasciare la “strada vecchia” per quella nuova? Sicuramente non è facile decidere di assumersi maggiori responsabilità: rimpiange mai sua scelta? Quest’oggi come dirigente scolastico, riveste un ruolo più vicino ad aspetti manageriali e burocratici, non le manca la didattica ed il rapporto quotidiano con le classi e quindi con gli studenti?

Intanto prima di iniziare questa intervista vi ringrazio, però poi farò io una domanda a voi se me lo permettete.
Allora, se mi manca il mio ruolo da insegnante… Beh, io sono insegnante, continuo a sentirmi tale.
Credo di aver ricevuto tantissimo dall’insegnamento e di aver dato tanto proprio in termini di passione, di amore nei confronti dell’insegnamento, e mi è dispiaciuto molto concludere la mia carriera da insegnante con la didattica a distanza; avrei voluto guardare negli occhi i miei alunni, vivere con loro l’esperienza dell’aula, e non è stato possibile.
Io vedo il dirigente scolastico come un leader non come un manager. Per tanti anni, per decenni, ho sentito di poter dare tanto agli alunni; adesso sono arrivata a un punto della mia vita in cui credo che l’esperienza da insegnante possa servire per dare qualcosa anche a quelli che, fino al 31 agosto, erano i miei colleghi, cioè i docenti. Quindi vivo il ruolo del dirigente scolastico come quello di un leader, non come quello di un manager, benché in fondo lo sia anche.
 
Come docente di filosofia, come insegnante e come essere umano, si sarà più volte anche lei
posta delle domande esistenziali. Per darsi anche una risposta, ha trovato conforto nella fede? e quindi crede in Dio?

Dunque, io non mi sono mai data risposte, mi sono sempre interrogata, perché la filosofia è innanzitutto porsi delle domande, e vivere cercando di migliorare la struttura di quella domanda. Se voi vi ponete le domande nel modo giusto, corretto, nel modo che proprio individua la vostra problematica, riuscirete a comprendere meglio il verso in cui volete andare e che cosa volete fare e quali sono le scelte che volete compiere.
Mi do poche risposte, di solito, e sono sempre risposte che possono servirmi a migliorare la quotidianità, mia e di coloro verso cui è indirizzata la mia azione; poi è il carattere che fa il resto, il mio carattere mi impone delle scelte continue; è un modo di essere che io certamente posso modificare nella manifestazione esterna.
Io ho una grandissima fede, ma non nel Dio trascendente delle religioni monoteistiche.
Da questo punto di vista, pur apprezzando tantissimo coloro che credono, pur avendo grande rispetto nei confronti di tutte le religioni, io sono atea, ma non lo sono veramente, nel senso che io credo moltissimo nel Dio immanente; io credo nella Natura. Quando dico natura non parlo di alberi, piante, animali semplicemente, io parlo dell’interezza della natura, parlo dell’universo, parlo dell’Essere in cui noi siamo. Verso questa natura ho un amore infinito, che mi ha spinto a diventare vegetariana da tanti anni e da cui discende totalmente la mia etica, per cui questo Dio, che è la natura nella sua interezza, io lo amo profondamente.
 
2)    Crescenzi Mantero Città
 
Lei è la terza donna che intervistiamo. Cosa pensa riguardo al tema ampiamente dibattuto sulla presenza delle donne sempre maggiore in ruoli istituzionali e nelle posizioni decisionali?

Cosa penso della presenza delle donne?
Io credo che le donne siano riuscite a scalare una montagna veramente difficile, perché hanno avuto una difficoltà determinata dal sessismo, che ancora esiste.
Io credo che ci siano delle difficoltà che riguardano proprio il mondo delle donne, che sono legate al fatto che spesso hanno qualche problema in più rispetto agli altri ad emergere, perché nonostante si parli sempre di parità dei sessi, ritengo che ancora esista questa discriminazione – chiamiamola così. Pur nondimeno le donne sono riuscite, proprio forse grazie a questo impedimento, a lavorare in modo più ordinato, più preciso; e questo le ha – ci ha – fortificato, ci ha reso delle persone per certi aspetti più forti, e quindi più capaci di superare ostacoli difficili, per esempio quelli concorsuali.
Oggi ci sono molte donne al potere, ma ricordiamo pochissime donne nella memoria storica. Questo dimostra che in realtà – visto che non ci sono differenze di natura cognitiva – evidentemente qualcosa non ha funzionato; qualcuno ha permesso che il sessismo avesse una ricaduta tanto negativa nella storia. Questo problema rientra in una questione più ampia che intercetta la mia sfera ideologica, che è anti-omofoba, anti-razzista, anti-specista e anti-sessista, e quindi in qualche modo ritrovarmi oggi a ricoprire questo ruolo è perfettamente in linea con l’idea che io ho del percorso che una donna, una persona, dovrebbe compiere nel momento in cui lo merita, al di là del fatto che sia donna o uomo.
 
Nel Suo curriculum sono presenti numerosissimi progetti e diverse commissioni per la legalità e la sicurezza nelle scuole. In che modo si pensa si debba ancora lavorare in questo senso, soprattutto in relazione all’uso da parte dei ragazzi della rete a scuola? Pensa che bullismo e cyberbullismo siano ambiti nei quali la scuola può davvero intervenire?

La scuola, secondo me, dovrebbe lavorare molto su questo argomento (riguardo alle parole che feriscono). Adesso, come sapete, c’è questa introduzione dell’educazione civica, che ha lo scopo anche di andare in direzione di una promozione del civismo.
Purtroppo io noto spesso, al di fuori della scuola, che veramente c’è un uso eccessivo di parole che feriscono. Vedo che c’è una facilità a scrivere l’insulto. Badate bene, quando sono stata insultata nei social, non mi sono sentita ferita; primo perché non li leggo, mi vengono riferiti ma non ne sono interessata, e poi perché penso che le persone che agiscono in questo modo abbiamo dei problemi e una vita mediocre. Insomma, io non posso credere che la gente con una vita piena decida di essere aggressiva sui social. Sì, penso siano persone con vite mediocri e quindi io mi dispiaccio per loro. D’altronde sono convinta che se c’è un problema è sempre possibile la risoluzione. Il termine “problema” viene dal greco πρόβλημα (próblema) che significa “avvio di una ricerca”. Quindi il problema è l'inizio di un’indagine e quando essa è condotta insieme ad altri il dialogo può consentire di trovare una soluzione, esprimendo le criticità e le difficoltà che sono emerse, confrontandosi – sempre disposti a mettere in discussione il proprio punto di vista – nel tentativo di arrivare a una soluzione comune.
A scuola bisogna fare in modo che gli studenti di oggi possano diventare quella generazione che un domani saprà stare su Internet, saprà navigare, saprà commentare, saprà che Internet è una realtà: è semplicemente una realtà virtuale, mentre questa è una realtà concreta.
Così come nella realtà noi usiamo la diplomazia – perché se incontriamo una persona per strada non la insultiamo sol perché visceralmente non ci piace o non ci garbano i suoi modi –, la stessa cosa dovrebbe avvenire su Internet. Occorrerebbe già solo un po’ di diplomazia per poter comprendere che l’insulto fa male sia se ricevuto per strada sia se ricevuto su Internet, che per altro è più amplificato dal fatto che rimane nel tempo e può essere condiviso ovunque, e quindi non c’è il limite temporale e spaziale della realtà concreta.
Ecco, io spero che sia questa generazione a fare la differenza, per questo bisogna molto lavorare a scuola sul bullismo e sulla sua manifestazione in rete ovvero il cyberbullismo. Se i nostri giovani imparano l’importanza del rispetto, l’importanza della parola, l’importanza del verbale, quello che viene decodificato da chi legge (perché purtroppo nei messaggi istantanei c’è un grossa parte che non può essere trasmessa), e se la scuola si fa garante di questo apprendimento, con la collaborazione chiaramente delle famiglie, io penso che noi tutti potremmo cambiare le sorti di Internet, perché Internet è una grande risorsa, persino i social potrebbero essere una grande risorsa, se non fosse che a volte mi sembrano degli sfogatoi.
 
3)    Gesmundo Guardo Piccardo

Dal suo curriculum abbiamo visto che ha conseguito una laurea, un dottorato sugli studi umanistici e numerosi master in filosofia e scienze dell’educazione, come è nata questa passione? E cosa l’ha motivata a portare avanti gli studi?

I titoli sono una cosa, lo studio è un altro, perché tutti possono conseguire un titolo senza metterci troppo impegno. Lo studio invece è dovuto a una grande passione, che per me è sempre la stessa, da sempre, da quando avevo 15 anni, ed è la filosofia. È stata questa passione a spingermi ad andare avanti: la filosofia. Ho capito che la filosofia era la mia strada quando ero proprio un’adolescente. Leggendo Kant ho scoperto che riuscivo a pormi i quesiti giusti grazie alla filosofia.
Poi la filosofia mi ha fatto incontrare molti altri ambiti che mi hanno appassionato, soprattutto il dialogo in tutte le sue forme, persino il dialogo interno alla cultura visuale, che mi ha spinto verso la fotografia e l’immagine artistica; quindi non solo il dialogo tra persone, ma anche il dialogo con il mondo che ci circonda, con l’ambiente che abitiamo.
 
 
4)    Frassinelli Talotta Celli

Cosa pensa riguardo all’igiene scolastica. in base alle sue esperienze nelle diverse scuole? Nel complesso, darebbe una buona valutazione, oppure crede che all’interno di queste le condizioni igieniche siano carenti e ciò sarebbe un aspetto da migliorare?

Io ho sempre trovato una certa precisione all’interno delle scuole.
Una scuola è come una casa, è come se fosse un ambiente casalingo: è quello spazio che non si può semplicemente misurare in metri quadri, è uno spazio in cui si vive insieme.
Se la mamma vi dice “non sporcate casa”, e la mamma magari fa la casalinga e lavora ogni giorno affinché la casa sia pulita, e voi poi per distrazione - oppure per menefreghismo - continuate a mettere in disordine, a sporcare, a scrivere sulla vostra scrivania, a rompere le porte quando siete arrabbiati, per quanto la mamma possa pulire è chiaro che rimarrà sempre qualcosa di non preciso.
Ecco, la scuola è un po’ così: bisogna che tutti contribuiscano, oggi più che mai. È per questo, per esempio, che nel Regolamento c’è scritto che voi non dovete sporcare i banchi. Non li dovevate sporcare prima, e oggi a maggior ragione, perché è ancora più difficile in questo periodo emergenziale pulire e sanificare 800 banchi al giorno, e quindi occorre una grande collaborazione. Se poi invece li si sporca perché così si vuole mettere alla prova il bidello di turno, allora io credo che lì siamo nell’ambito della meschinità, non della questione igienica.
 
Avrebbe mai pensato al Firpo come scuola da dirigere? È stata lei a sceglierla? Ha dei progetti futuri riguardo la nostra scuola?

Progetti ne ho tantissimi perché questa scuola ha potenzialità incredibili.
Io non avrei mai pensato l’anno scorso al Firpo, poi quando dovevo scegliere ho pensato solo al Firpo-Buonarroti. Ho pensato al Firpo-Buonarroti come la più bella scuola, la più interessante, la più viva, la più entusiasmante in assoluto. E avevo ragione: ho trovato un ambiente eccezionale, non solo tra i docenti, ma anche tra gli alunni.

5)    Lauriello Ndiaye Lala

Raduniamo qui tutte le domande sull’argomento prevenzione Covid a scuola, raccolte tra i nostri compagni di istituto. 

Dirigere una scuola con l’emergenza covid-19 è sicuramente molto impegnativo: in che modo sta cercando di gestire tale situazione?

[…] Diventare dirigente scolastico è già un trauma di per sé, perché per quanto una persona abbia studiato la normativa, si sia impegnato per comprendere tutto e per capire qualsiasi procedura operativa necessaria per portare avanti una scuola, entrare comunque come dirigente scolastico e confrontarsi con la realtà pratica e non più solo teorica è effettivamente abbastanza scioccante. Ora, immaginatevi di entrare come dirigente scolastico in tempo di Covid: è sicuramente molto complesso riuscire a gestire una scuola con un’emergenza simile, stiamo parlando di una pandemia. Se io non avessi trovato lo staff che ho trovato, se io non avessi avuto la fortuna di incontrare le persone che ci aiutano a reggere quest’emergenza – mi riferisco per esempio alla professoressa Bisso, quindi alla referente Covid, ai miei collaboratori, ovvero alla professoressa Arcelli e al professor Ottonello –, se io non avessi avuto una segreteria molto attiva – penso, per esempio, per fare un nome, non solo alla DSGA, ma anche a Lina Lombardo –, se io non avessi avuto queste persone intorno – penso anche a quelle che mi permettono di comunicare, come la professoressa Corbo (ma ne potrei qui nominare tantissime altre, per esempio la professoressa Di Benedetto, la professoressa Cosso, la Gallino, la De Chiara e, mi scuso con le altre che non cito) –, non avrei potuto sostenere quest’impegno, perché è un impegno che non ha limiti. Ti travolge. Mi sveglio alle 5 e vado a dormire molto tardi, una buona parte della giornata la impegno per fronteggiare l’emergenza Covid, ma – ripeto – senza l’aiuto di tutti gli altri non potrei assolutamente farcela. Per questo, prima dicevo che non è un più un lavoro da manager, è un lavoro da leader, perché questa è una leadership condivisa, non può essere un lavoro manageriale verticalizzato, o meglio verticistico, dirigistico – “io dico e tu fai” –; è un lavoro in cui ci deve essere condivisione e soprattutto la promozione di una comunicazione aperta, accogliente, dialogica, che possa permettere a tutti noi di essere alleati in questa lotta, perché questa è nient’altro che una lotta.
 
Secondo lei, le scuole riusciranno a rimanere aperte o verranno chiuse e dovremo utilizzare nuovamente esclusivamente la didattica a distanza?

Se avessi avuto la capacità di prevedere e decodificare gli eventi intorno a me, certamente mi sarei data una mossa molto prima, come penso tutta l’Italia.
Ora c’è questa nuova ordinanza, noi dovremo andare al 50% di Didattica Digitale Integrata, e dalla settimana prossima sarà cosi, non per tutti – non per le prime –, però ci adegueremo. Per fortuna noi siamo un istituto molto avanti in questo, nel senso che abbiamo una connessione – che abbiamo peraltro potenziato –, che ci consente di attivare la didattica a distanza cosi come ci è richiesto.
Io spero che rimanga la didattica in presenza; ho la mia opinione sulla didattica a distanza e in presenza, che sicuramente incide anche su quello che penso in generale di questo periodo.
 
Parlando con altre classi dell’istituto abbiamo riscontrato diverse lamentele riguardanti le mascherine scolastiche in quanto scomode, piccole e meno sicure rispetto ad altri modelli che spesso noi studenti utilizziamo. Nei prossimi mesi verranno sostituite?

Ci sono delle cose su cui io non posso intervenire; le mascherine ci vengono consegnate, non siamo noi che le compriamo in base al modello, alla bellezza o all’utilità, ce le inviano e noi li ringraziamo, perché durante la settimana tutta l’Italia riceve milioni di mascherine affinché siano distribuite giornalmente ai giovani. Quindi questa è un’altra delle richieste che io vi faccio: portate pazienza, accettate che ci sono dei piccoli sacrifici che bisogna fare. Credo che questo sia il più piccolo, perché voi almeno avete la possibilità, mentre siete in posizione statica e in silenzio, di poterle abbassare, i docenti, come sapete, non lo possono fare mai, almeno in questa scuola.
 
Se possedessimo una mascherina FFP2 ci sarebbe data la possibilità di indossarla al posto di quelle scolastiche?

Se le possedete potete portarle, certamente.
 
Se dei professori risultassero positivi al tampone, gli studenti che avevano quel professore dovrebbero fare anche loro il tampone?

Questa è una domanda che mi lascia capire che forse non è del tutto chiaro in che modo avviene il tracciamento.
Se c’è dentro la classe un positivo, la classe viene messe in quarantena. Questo provvedimento di quarantena viene emanato dall’autorità sanitaria, non da me, quindi il dirigente scolastico non può emanare provvedimenti di quarantena, né di inizio né di fine.
La nostra referente Covid invia il tracciamento dei contatti: si tratta di tutte le persone che sono venute in contatto con il positivo/la positiva, spiegando la struttura della nostra organizzazione sulla base del protocollo anti-Covid adottato; poi è l’ASL che decide chi mettere in quarantena.
Vedete, in questa classe per esempio la cattedra è molto distanziata rispetto ai banchi, questo conforta le autorità sanitarie, per altro noi usiamo sempre le mascherine anche se c’è il distanziamento di due metri rispetto alla prima fila, e questo è anche uno dei motivi per cui spesso l’ASL può decidere di mettere in quarantena la classe, ma non i docenti.
Se un docente è positivo, anche in quel caso bisognerà agire nella stessa maniera come si fa per un alunno, cioè capire quali siano stati i suoi movimenti, e poi sarà l’autorità sanitaria a decidere chi mettere in quarantena. Noi possiamo, invece, decidere – nel momento in cui sappiamo che ancora non è arrivato il provvedimento – di mettere a distanza una classe, ma null’altro.
 
Se fossero gli insegnanti a non rispettare le norme anti Covid, sarebbero presi provvedimenti nei loro confronti?

Certo, esattamente come per gli alunni. 

Abbiamo letto la sua replica a Primocanale, riguardante l’articolo delle coperte a scuola a causa del freddo per le finestre aperte, e anche la risposta che le hanno dato: ci è sembrato che i giornalisti stessero cercando di “rigirare la frittata” per non ammettere di avere torto. Ha intenzione di lasciare le cose così come sono o di intervenire nuovamente? Sempre riguardo l’articolo di Primocanale, abbiamo visto pubblicate le foto degli studenti con le coperte, ma ovviamente qualcuno le ha scattate quelle foto e le ha messe in rete. Ha intenzione di cercare il responsabile e di prendere provvedimenti o di archiviare la vicenda con la speranza che non ricapiti in futuro?

Questa replica l’ho fatta, la sottoscrivo anche adesso, mi è stato riferito anche che ci sono stati dei commenti sgradevoli sui social. Ovviamente le critiche possono capitare, a me è dispiaciuto sostanzialmente quello che ho scritto, cioè il fatto che non si siano rivolti a me.
Voi sapete, come sanno tanti altri, che io sono sempre disponibile, per quello che posso chiaramente.
Peraltro il mio più grande dispiacere è stato dovuto al fatto che questi ragazzi, che hanno violato il regolamento di istituto – nel quale è scritto in modo chiaro che non si possono utilizzare i cellulari se non per finalità didattiche –, siano stati strumentalizzati. Io non credo che oggi lo rifarebbero, anche perché sanno in modo chiaro che possono venire sempre, in ogni occasione, a bussare alla mia porta. Quindi no, non prenderò provvedimenti, questo non significa però che non prenderò provvedimenti nei confronti di coloro che hanno usato parole che feriscono su Facebook, quello lo farò per una ragione molto semplice: questa tipologia di social sono luoghi dove purtroppo ci sono degli atteggiamenti e dei commenti che non soltanto non condivido, ma credo siano proprio diseducativi ai massimi livelli, e io non posso accettare che i miei alunni possano pensare di scrivere sui social delle cose sgradevolissime che si avvicinano all’insulto e rimanere comunque convinti che sia sempre possibile scrivere di tutto rimanendo impuniti. Questo non è vero e non è possibile dal punto di vista giuridico.
 
6)    Scionti Lambertini
 
Facendo delle ricerche, abbiamo trovato una sua intervista su TELENORD, che risale al 10 marzo 2020, dove parla del suo punto di vista sulla didattica a distanza 
(https://telenord.it/giusy-randazzo-scuole-coronavirus-libro-erga). Volevamo sapere come è stato per lei insegnare in quel periodo estremamente complicato e di come si è trovata utilizzato la DAD.

Dunque, quell’intervista risale al 10 Marzo, la DaD era appena iniziata, ancora non c’era il lockdown.
Ho lavorato molto per darle un po’ di dignità, come insegnante, collaborando anche con il preside di allora, il quale mi ha anche dato un grande contributo nella comprensione di come avrebbe dovuto essere condotta, almeno in quelli che erano gli elementi e gli aspetti normativi.
Che cosa io penso della didattica a distanza… come ho detto prima, sono un po’ dispiaciuta del fatto di aver concluso la mia carriera di docente con la didattica a distanza.
Questo perché io da sempre studio filosofia nell’indirizzo dialogico, mi occupo da sempre di dialogo, di comunicazione e quindi so che in realtà la didattica a distanza, e anche questo tipo di didattica in presenza, hanno dei limiti che sono dovuti al fatto che compromettono l’interezza dell’atto comunicativo, perché vengono a mancare degli elementi della comunicazione che sono importanti per interpretare e decodificare il messaggio. Noi quando comunichiamo utilizziamo tre aspetti: il verbale, il non verbale e il paraverbale.
Con la didattica a distanza il non verbale è fortemente compromesso (il non verbale sono i movimenti, la postura, la posizione, tutti quegli aspetti che riguardano il nostro modo fisico di porgerci agli altri, perché noi siamo innanzitutto corpo), ma alla stessa maniera lo è il paraverbale, cioè quella comunicazione che è di natura verbale ma che riguarda gli aspetti del suono (la velocità, il tono, il timbro e il volume della voce), insomma, il modo in cui si parla. Ecco, tutte queste aree della comunicazione con la DAD vengono compromesse, per di più anche in presenza ci sono delle difficoltà determinate dal fatto che l’uso della mascherina e la limitazione dei movimenti pregiudicano la comunicazione. Per esempio, limitano la teatralità che deve avere la lezione, perché la lezione in fondo è anche un po’ teatrale: l’aula è il palco in cui il docente trasmette la sua passione per quel che insegna.
Il professore infatti insegna con l’interezza del corpo-mente e ha bisogno di questa interezza. L’altro che ascolta, non ascolta soltanto delle parole, ma vive, partecipa anche rimanendo in silenzio, è coinvolto da questi movimenti che non sono solo fisici, ma anche paraverbali: tutti elementi fondanti la comunicazione che il verbale porta con sé.
Se nella didattica a distanza questo è difficile da restituire in toto è, a causa della pandemia, anche compromesso nella didattica in presenza.
In generale della DAD, oggi DDI, penso ci abbia salvati, perché è inutile demolirla, sarebbe stupido da parte mia, oltre che ingiusto, perché ci ha salvati dalla morte della cultura, dell’insegnamento, della scuola; e poi ci ha permesso di continuare a insegnare e quindi di continuare ad apprendere; perciò una lode alla DDI innanzitutto.
Abbiamo cercato in questi mesi di dare dignità alla DDI e ci siamo riusciti rispetto all’inizio dell’emergenza. Rimane il fatto che, secondo me, non potrà mai arrivare al livello della didattica in presenza, però questa è una mia opinione, e con questo, ripeto, non demonizzo la DDI, perché ritengo che sia fondamentale quando non c’è altra strada, e che possa integrare quella in presenza.
 
 7)    Ivaldi Mancini

Nella sua esperienza di docente, ha lavorato solamente con ragazzi delle superiori, o anche con quelli delle medie o bambini delle elementari?

Ho lavorato molto con i ragazzi delle medie, e anche con i ragazzi delle superiori, qualche volta sono andata a fare qualche incontro con i bambini delle scuole elementari, per porgere delle pillole di filosofia, ma sempre su base dialogica, ovviamente non per insegnare.
Ho dei ricordi con i bambini delle elementari assolutamente splendidi, perché sono veramente meravigliosi, quindi sì, ho lavorato insomma con tutti i gradi di scuola.
 
8)    Delponte Di Bella
 
Abbiamo visto che in passato ha scritto numerosi libri, ha intenzione di scriverne altri in futuro? Se sì, di cosa tratterebbero?

Certo, ho intenzione di scriverne altri, se solo trovassi il tempo.
A parte lo scherzo, sì, certamente ne scriverò altri – mi auguro –, perché sennò sarei finita come studiosa, e io penso di non abbandonare quest’aspetto della mia vita intellettuale, senza ombra di dubbio.
Su che cosa… Se io penso alla tipologia di percorso che ho fatto come studiosa devo ritenere che un altro saggio sarà sul dialogo, sempre su quella linea, quindi sulla comunicazione, suppongo; comunque riguardante la filosofia.
Ripeto, quando dico dialogo mi riferisco chiaramente a un atto comunicativo molto ampio, che non necessariamente riguarda la comunicazione tra due o più persone.
 
9)    Monaco Bellizonzi Avanzino
 
Ci può parlare della rivista di cui è co-direttrice e co-fondatrice?

Non voglio annoiarvi, posso dirvi com’è nata…
È nata perché nel 2009 – poi l’abbiamo registrata nel 2010 -, io insieme con il professore Alberto Giovanni Biuso, che è un professore ordinario dell’Università di Catania, abbiamo pensato di costituire una rivista che potesse raccogliere più voci, non solo quelle accademiche o di studiosi italiani e stranieri, ma anche quelle di giovani studiosi e di studenti. Così abbiamo inizialmente pensato di mettere su semplicemente un sito; invece poi a me è venuta l’idea di costituire una rivista che il professor Biuso ha accolto con gioia, ed è stato lui ad aver organizzato il modo per registrarla ed è stato lui a impegnarsi per farla volare in alto. Così l’abbiamo costituita a Milano e nell’arco di breve tempo è diventata una rivista scientifica. Ormai sono passati 10 anni ed è un punto di riferimento importante per chi fa filosofia.
 
Diventando dirigente scolastico si hanno molte responsabilità e si devono svolgere compiti molto lunghi e complessi, per questo ha perso magari tempo da dedicare a se stessa e ai propri cari. Ha qualche hobby che ha dovuto abbandonare o riesce sempre a trovare il tempo per far tutto?

Sono dirigente da un mese e mezzo, una cosa che mi ha impressionato particolarmente è il fatto che io scrivo e leggo molto, invece in questo periodo non ho potuto farlo.
Ho letto molto, ma ho letto molte circolari, direttive, indicazioni, norme di ogni genere, non saggi, e questo mi dispiace molto. Spero sia solo un momento e di poterlo rifare con la stessa regolarità che avevo prima.
Ma un’ultima domanda posso farla io a voi?
 
Certo!
 
Uno scambio di ruoli… Perché avete voluto intervistarmi?
 
È un progetto del Giornalino scolastico e ci interessava molto…
 
Vieni, che ti riprendo io!
 
Davvero? Grazie! …dunque, essendo lei la nuova Dirigente del nostro istituto, ci interessava molto sapere con chi avessimo a che fare quest’anno, conoscere i suoi interessi e le sue attività per capire meglio chi fosse la nostra nuova Preside. Portiamo avanti da anni il progetto del Giornalino e questa intervista è stata essenziale per sapere che lei c’è e che, per qualsiasi cosa, possiamo venire al primo piano a disturbarla…
 
Sì sì, sono disponibile
 
Grazie per tutto e alla prossima!

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